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Il documentario
Un percorso iniziato quasi per caso, grazie a un sogno, e che ben presto è diventato qualcosa di più: un viaggio alla scoperta dell’altro, un confronto con una cultura diversa, una presa di coscienza di quanto poco si sappia di questo sterminato e affascinante Paese, di quanti stereotipi facciano parte del nostro bagaglio esperienziale e culturale.
Elisabetta si è scontrata con questi stereotipi e si è confrontata con le numerose persone incontrate e conosciute nel corso di due anni: giovani imprenditori e cantanti cinesi che vivono stabilmente in Italia, studenti e professionisti italiani vissuti in Cina, capi d’azienda, giornalisti, sinologi, professori e curatrici d’arte. Tutte queste voci si sono articolate in un intreccio di posizioni e idee differenti che, come in un caleidoscopio, si dipanano di fronte al suo percorso sotto forma di nuova conoscenza e maggiore consapevolezza.
Non mancano comunque luci e ombre, in questo cammino che porta lo spettatore a passeggio nel tempo e nello spazio. Anche l’emergenza sanitaria e il lockdown sono stati fonti d’ispirazione e nuova linfa per continuare ad approfondire, a scavare ulteriormente e a porre ulteriori domande.
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Perché "Project China"?
PROJECT CHINA non è un’indagine, ma un viaggio personale alla scoperta dell’altro, un confronto con una cultura diversa, una messa in discussione delle proprie certezze nei confronti di un Paese che sta diventando sempre più centrale all’interno dei meccanismi mondiali. Partita da una domanda apparentemente semplice e chiara, Elisabetta troverà la sua riposta?
Il titolo del progetto è molto evocativo e provocatoriamente semplice: “PROJECT CHINA”, ovvero “progetto Cina”, proprio per indicare l’approccio costantemente in divenire e tumultuoso non solo di chi ha vissuto o sta vivendo l’esperienza di avvicinamento alla Cina, ma anche e soprattutto in riferimento alla Cina stessa e alla sua controversa ascesa nello scacchiere mondiale.
“Progetto Cina” anche per indicare le modalità con cui è stato realizzato: l’esperienza del lockdown ha infatti obbligato i due ideatori, Elisabetta Giacchi e Thomas Saglia, a fare dell’isolamento un punto di forza. Così, da semplice raccolta di interviste sul territorio, il documentario è stato rivisto e approfondito nella sua struttura, arricchito delle molte, moltissime immagini di chi è stato o ha vissuto in Cina e ha giovato delle bellissime immagini d’archivio liberamente fruibili riguardanti la Cina.
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La missione
Nonostante sia stato realizzato senza essersi mossi di casa, durante quelle lunghe settimane in cui anche solo uscire di casa risultava impossibile, si può dire che sia stato come viaggiare in Cina ed è questo che si è cercato di trasmettere con questo lavoro.
“Si apprezza soltanto ciò che si è imparato a vedere”, recita un proverbio cinese. È esattamente con questa disposizione d’animo che si chiede ad avventori e spettatori di approcciarsi a questo lavoro e alla tematica che si è cercato di affrontare.
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E, come afferma in chiusura la protagonista di questo viaggio: “Nulla è fermo, tutto si muove e noi dobbiamo imparare a muoverci con la danza del mondo”.